
Dunque, come non cadere in trappola e fare una scelta consapevole e attenta degli alimenti che mangiamo? Leggere bene l’etichetta, in questo percorso a ostacoli contro il “buon” gusto dei cibi, sembra essere la via più sicura, se non l’unica. «Secondo la normativa entrata in vigore il 1° Luglio 2010 – spiega il professor Giacinto Miggiano, direttore del Centro Nutrizione Umana dell’Università Cattolica di Roma – il prodotto deve avere il logo europeo che ne attesta la provenienza da uno dei paesi appartenenti alla Comunità UE, e riportare le seguenti indicazioni: il nome dell’organismo di controllo autorizzato e il suo codice, preceduto dalla sigla IT; il codice dell’azienda controllata; il numero di autorizzazione (sia per i prodotti agricoli freschi che trasformati); la dicitura “Organismo di controllo autorizzato con D.M. Mi.R.A.A.F. (con numero e data) in applicazione del Reg. CEE n.2092/91”». Se manca l’etichetta, la certificazione di bontà per il consumatore, meglio diffidare. O fare molta più attenzione, specie per alcuni prodotti come carni diverse da quella bovina, salumi, succhi di frutta per i quali non c’è ancora, in Italia, un’etichetta di origine che attesti un rigoroso controllo sulla sicurezza e sulla qualità dell’alimento. Sembra difficile assicurarsi, dunque, solo cibi di provenienza o produzione al 100% nostrana. «Una garanzia in più – conclude il nutrizionista – è data da prodotti tutelati da marchi di denominazione controllata (DOC o DOP) o da indicazioni di origine protetta che devono obbligatoriamente seguire un preciso e disciplinato iter di produzione per ottenere un “patentino” anche per le materie prime».
L’etichetta sembra essere lo strumento salvaguardia-qualità, almeno fino a che non si farà uso in tutte le grandi catene o i negozi alimentari di Heracles II, una sorta di cane da tartufo elettronico in grado di smascherare in un tempo rapidissimo – due minuti – i cibi truffa. Il gascromatografo (così si chiama lo strumento dall’olfatto sopraffino) annusando gli alimenti, pare in grado di analizzare il profilo aromatico e elaborare un grafico con le caratteristiche del prodotto che diviene la “carta di identità” identificativa della provenienza e del tipo di materie prime che lo compongono. Il grafico ottenuto da Heracles, dovrà poi essere messo a confronto con una banca dati e se tra i due profili (quello annusato e quello registrato) non vi è perfetta corrispondenza, significa che qualcosa all’interno di quell’alimento non va e che dovrà essere sottoposto a ulteriori indagini e ispezioni. Chissà se in futuro, grazie a un naso elettronico da tartufo, la nostra tavola potrà finalmente essere buona e sicura…
di Francesca Morelli per il sito vai clicca Qui!
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